L'appuntamento (capitolo uno, 1° episodio)

I due giovani ondeggiavano sul letto, nella notte silenziosa. La casa era deserta, e l’atmosfera che riempiva la camera era argentea, quasi azzurra. L’armadio era aperto ed una maschera di carnevale era lì appesa, come se stesse spiando. C’era anche un giradischi con la puntina dimenticata nell’ultimo solco del disco in vinile. Si sentiva il “toc” che scandiva il tempo: quello scorrere della vita per quei due corpi sembrava essersi fermato, mentre si abbracciavano sul letto verde, con la testata fatta come la testa di una rana. Gli occhi erano fosforescenti. Il ragazzo e la ragazza si rincorrevano tra le lenzuola, e quando si scontravano si stringevano forte. Il mondo fuori di quella stanza non esisteva. I respiri erano ansimanti, le labbra si cercavano, le mani esploravano, il petto fremeva, avido.

«Mmmh, sì …»

« Dai, toglitelo…»

« No, toglilo tu…»

«Te lo strapperei ! »

Il corpo di lui cadde carico di passione su quello di lei.

“Abbracciami, abbracciami !“

Era l’orsetto parlante di peluche, uno di quelli che se gli si tocca il pancino dicono una cosa e se gli si tocca il naso, un’altra ancora: era stato schiacciato inavvertitamente da una gomitata. Quello era soltanto uno della decina di pupazzi che corredavano il letto, e tutti facevano compagnia ai due amanti.

«Cos’è ?»

esclamò lui, agguantando il peluche per buttarlo via. Lo afferrò per l’orecchio, e il pupazzetto gracchiò ancora: “Questo mi piace!”. Il ragazzo fu preso dalla smania:

« Via tutto, via tutto! » Presero il volo una rana, poi un coniglietto. Allora la ragazza intervenne con voce mielosa:

« No, ti prego, non così…» Invece volò anche il topolino, ed infine una sveglia. Quella sveglia se ne stava, fino a quel momento, sepolta tra i peluche, e in silenzio. Invece piano piano la sua voce incominciò a farsi sentire, prima lontana, poi sempre più vicina. Allora lui la prese e la buttò per aria come gli altri pupazzi, ringhiando come un cinghiale. La sveglia, invece di cadere, si materializzò sul comodino d’Abele, e trillò finché una mano pesante, accompagnata da un grugnito, come di cinghiale appunto, non cadde sull’arnese infernale, ammutolendola. Come un giudice, quella mano aveva decretato la fine di una notte agitata da un sogno e l’inizio di un nuovo giorno.

© Massimo Rognini

Nessun commento:

Posta un commento