L'appuntamento (capitolo tre, 1° episodio)

« D’accordo signor Rossi, quaranta milioni di warrant al rialzo sulla quotazione del cacao, da togliere appena si supera il due per cento…Bene! Si, certo. Ci sentiamo più tardi, arrivederci signor Rossi! »

Attaccò il telefonino e si avventò sul panino.

Paolo era l’amico, il cosiddetto migliore amico, di Abel. Lui ingegnere c’era diventato davvero. Erano compagni di liceo, e quando finirono s’iscrissero assieme alla facoltà di ingegneria. Tra alti e bassi Paolo si prese la sua bella laurea, invece Abele mollò quando morì suo padre. Non se la sentiva di rimanere passivo e inattivo di fronte alle difficoltà della famiglia, quindi decise di interrompere gli studi e di aiutare sua madre nella gestione della “Toni assicurazioni”. Più avanti, diceva, avrebbe ripreso gli studi, ma quel momento non arrivò mai. Paolo Settembrini era un ragazzo dinamico, spumeggiante e dannatamente “hi-tech”, praticamente tutto il contrario di Abele.

Si occupava di compravendita di azioni e titoli per conto dei suoi clienti, con la specialità che tutto questo avveniva attraverso un computer portatile e il telefono cellulare: tramite Internet gestiva tutto. Quegli apparecchi, indispensabili, erano diventati come delle parti supplementari del suo corpo. Era sempre vestito con completi di colore scuro, tra grigio e nero, sembrava quasi che fosse fatto di plastica, come quella di colore antracite del cellulare e del portatile, e che sotto la cravatta vi fossero misteriosi circuiti elettronici al posto di un normale cuore.

Chi aveva invece l’occhio allenato al “management” avrebbe detto che vestiva come tutti gli ingegneri dell’IBM: in nero e camicia bianca.

I due erano seduti ad uno dei tavolini di un bar del centro, all’aperto con vista sulla piazza. Era l’una e mezza. Abele aveva chiesto all’amico se pranzava con lui, aveva bisogno di sfogarsi un po’, di parlare. Lo guardava, mente gesticolava con il cellulare all’orecchio, con un espressione a metà tra l’invidia e la compassione, e accennava ad un leggero movimento di disapprovazione con la testa, ma sorrideva.

© Massimo Rognini

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