L'appuntamento (capitolo quattro, 3° episodio)

L’agenzia Toni si trovava in un bel palazzo dell’ottocento, in pieno centro cittadino, e non aveva ascensori. In poco tempo Abele fu davanti al portone d’ingresso. Suonò al campanello, e chinandosi un po’ disse:

«Ciao, sono Abele! Mi apri?» Il portone si aprì con un “toc” e svelò un ampio ingresso con il pavimento in marmo ed il soffitto con le arcate, tutte dipinte a tempera. Le scale erano comode, di quelle con l’alzata bassa. Con quattro salti Abele fu davanti alla porta dell’agenzia, dove nel mezzo stava scintillando la targa d’ottone intestata all’assicurazione, uguale a quella che si trovava giù in strada.

«Ciao, Abele! Come stai?» disse la ragazza aprendo la porta. Ambra lavorava lì da dieci anni. Si conobbero quando il padre di Abele morì e l’agenzia fu “rilevata” dalla madre. Abele lasciò l’università per dedicarsi all’arte della vendita di polizze, ma dopo tre anni capì che quella non era la sua strada, quindi lasciò la madre alla guida della carretta, la quale nel frattempo si era perfettamente calata nella parte. Le era sempre piaciuta, Ambra: capelli biondi e lisci, un fisico alto e asciutto che Abele aveva catalogato come “tipo nordico”, per via delle lunghe gambe leggermente arcuate. Un’altra cosa che gli piaceva altrettanto era il suo modo di affrontare le cose: determinato ma dolce, forte ma femminile, un carattere insomma misterioso, mutante, inquietante ed affascinante. Tra Abele ed Ambra non c’è mai stato niente di dichiarato, quindi di serio. Lui era contento che lei fosse della sua tribù, e il fatto di essere consapevole che lei “esisteva” lo rendeva in un certo senso sereno. Ambra aveva un ragazzo, fino a poco tempo prima, lei lo aveva lasciato. Nonostante il campo ufficialmente libero, Abele non osava mostrarsi oltre le sembianze del caro amico.

Al saluto di Ambra entrò nell’agenzia e disse:

«Bene, non c’è male! Sai, se ci fosse un annuncio che dice: “Cercasi sfigato, immensa cultura artistica, sognatore, sano, assunzione immediata”, eccomi qua. Bell’e pronto.»

«Buca, eh?» azzardò Ambra portandosi il dito medio sulla punta del naso.

«Indovinato. Chissà perché c’indovinano tutti! Si vede parecchio? Ce l’ho scritto in fronte, eh?»

«Già. Non sprizzi esattamente gioia da tutti i pori…» rispose Ambra tornando dietro la scrivania.

Seguendola, Abele osservò con attenzione quel vestito di cotone blu scuro, con una giusta scollatura, senza maniche e abbastanza corto, ma con maggior attenzione osservò ciò che c’era sotto: un fisico scattante, flessuoso e una pelle che sembrava voler tenere fede al nome della padrona, con la complicità di qualche giornata di mare.

«Ehm…c’è mia madre?» chiese dopo un impercettibile attimo di distrazione.


© Massimo Rognini

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