“Vuoi
vedere che mi aspetta nella sua camera!” pensò con sgomento. Se
era così, si metteva male per l’eventuale fuga, necessaria se la
cliente si fosse rilevata la classica “tardona grinzosa”: una
volta bussato alla porta della camera, come avrebbe fatto a defilarsi
se gli avesse aperto una vecchia carcassa? Forse poteva cavarsela
con: “ Oh…! Mi scusi, cercavo la mia fidanzata, ma ho sbagliato
stanza…”
Mentre
pensava preoccupato a tutti possibili tragici eventi e come
eventualmente uscirne in modo elegante, si accorse che il portiere lo
guardava sorridendo, mentre diceva:
«Buonasera,
signore. Posso esserle d’aiuto?»
«Oh…buonasera!
Io…»
In
quell’istante Abele era a corto di idee. Cercava un modo per
chiedere al portiere dove fosse quella signora, e magari che aspetto
avesse, ma in quelle frazioni di secondo che aveva a disposizione non
trovò nessuna formula che riteneva adatta. Alla fine, disperato, si
aggrappò alla soluzione che gli pareva più logica, in quel
contesto: avrebbe “trasformato” il nomignolo Monna Lisa, che in
effetti poteva dare adito alle interpretazioni più varie, come
l’appartenere ad una perpetua fino ad una puttana d’alto bordo,
in un semplice cognome seguito dal nome.
«Io…avrei
un appuntamento con la signora Monna, Monna Marialuisa. Mi aveva
detto che l’avrei trovata qui…» Abele aspettava preoccupato la
reazione del portiere.
Il
portiere lo fissò da sopra gli occhiali per un istante, che parve
eterno.
«Ah,
sì! » disse finalmente, chinandosi per controllare i biglietti da
visita e gli appunti che erano sparsi sul retro del banco. Dal
mucchio tirò fuori un foglietto ed esclamò:
«Ecco
qu: la signora Monna è di là al bar. Salga le scale, qua sopra,
guardi…ed entri nella sala che trova alla sua sinistra. La sala bar
è là!»
Anche
il portiere sembrava aver interpretato “Monna” come un cognome.
Forse, pensò Abele, la signora stessa si è presentata così per
dare meno nell’occhio.
© Massimo Rognini
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