L'appuntamento (capitolo sette, 1° episodio)

Quella sera stessa, dopo aver incontrato a pranzo Paolo, Abele si trovò tra le mani la cifra di tre milioni, gentilmente investiti dalla ditta Paolo Settembrini. Raramente aveva visto quei soldi tutti assieme, e tutti a sua disposizione. Se ne andò a letto, e prima di addormentarsi cercò di buttare giù a mente un piano d’azione per gli acquisti da fare il giorno seguente. La notte che seguì fu popolata di orsetti parlanti che si prostituivano per le bambole di pezza, mentre giù per la strada un capufficio sodomizzava quella che doveva essere la sua segretaria, la quale non riusciva ad arrivare alla cornetta del telefono pubblico per chiedere aiuto. Al mattino seguente Abele fu svegliato dal telefono:

«Buongiorno, dormiglione! Sono Ambra…»

«Ambra, ciao! Sono sempre a letto…»

«Infatti, il sole è già alto, ed è un bel sabato. Senti, siccome vado in giro a fare acquisti, nei negozi del centro, mi chiedevo se avevi voglia di accompagnarmi, così mi aiutavi a portare le borse…»

Maledizione!” pensò tra sé e sé. Anche lui doveva andare a fare acquisti, aveva a disposizione tre milioni. Ma doveva andarci da solo, non aveva intenzione di spiegare a nessuno come avesse fatto ad avere quella cifra in poco tempo. Doveva inventare una scusa:

«Verrei volentieri, ma devo dare una mano in casa di mia madre…Sai, proprio oggi…- non sapeva cosa inventare, lì per lì - …passano dei parenti di Padova…ci tengono…Ero piccino, quando sono passati l’ultima volta…» farfugliò mentre aveva la gola secca. La ragazza allora rispose:

«Peccato. Beh, salutali! Ciao!»

«Ciao, Ambra…» fece eco Abele, rimanendo in ascolto alla cornetta.

Quando sentì la ragazza riattaccare, ringhiò:

«Cavolo!» maledicendosi a vita. Ormai aveva deciso che quel giorno doveva essere dedicato ai preparativi per il grande salto, e si sentiva in colpa, come se stesse tradendo una donna, con la quale neanche ci stava insieme, tra l’altro.

Il commesso fu fin troppo paziente e gentile a spiegare ad Abele come funzionava quell’aggeggio, ma alla fine uscì dal negozio un altro soldato di quell’esercito di quasi venti milioni di persone armate di telefoni cellulari cinguettanti che gira per l’Italia. Anche la commessa del negozio di abbigliamento ebbe il suo daffare, ma si guadagnò la giornata: in una botta sola vendette un completo, due camicie, due pantaloni, una cravatta ed una confezione di calzini alti. Nel pomeriggio Paolo diede il suo determinante contributo, per seguire il suo investimento: creò un accesso Internet per Abele, sul suo computer portatile, con la promessa che gli avrebbe procurato un personal d’occasione. Buttò giù le idee per la grafica della sua home-page, che Paolo con maestria sviluppò in pratica, accendendo anche una casella di posta elettronica. Per questa Abele fu scelto il nome di “Cicciobello”. Gli sembrò che le due parti di quel nome, collegate con il contesto, dessero un risultato simpatico, lasciando perdere nomignoli esotici ed anche nomi normali, che profumavano di cruda e disperata realtà. La giornata trascorse velocemente, ma non tralasciò di far pubblicare sulle riviste di annunci la sua offerta di prestazioni: “Per serate, cene, viaggi, week-end, è a vostra disposizione un accompagnatore trentenne, dotato di ottima cultura e presenza, che saprà esaltare le vostre qualità. SOLO PER SIGNORE. Cicciobello”.

© Massimo Rognini

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